In Europa erano attese da tempo nuove proposte in materia di sicurezza dei prodotti e vigilanza del mercato, per superare una situazione caratterizzata da luci ed ombre. Occorreva rispondere ad una serie di esigenze: aggiornare e semplificare il quadro giuridico generale; sviluppare un approccio più integrato tra politica dei consumatori, del mercato e delle imprese; rafforzare la sicurezza sviluppando il sistema della tracciabilità anche per i prodotti non alimentari, riconducendo l’obbligo dell’indicazione di origine ad un obiettivo di tutela dei consumatori; migliorare l’efficienza e la cooperazione tra le autorità di vigilanza e rafforzare le procedure di sorveglianza in rete.
Il 13 febbraio 2013 la Commissione europea ha finalmente presentato un pacchetto di nuove proposte. E’ il cosiddetto “pacchetto sicurezza e vigilanza”, costituito essenzialmente da due regolamenti e un piano d’azione pluriennale, finalizzato a migliorare la sicurezza dei prodotti di consumo nel mercato unico nonché a rafforzare la vigilanza del mercato.
L’iniziativa riguarda tutti i prodotti non alimentari (alla filiera alimentare si applica una disciplina specifica) compresi quelli importati da paesi terzi. La Commissione europea ha assicurato una responsabilità politica integrata.
Il pacchetto è stato presentato congiuntamente da Tonio Borg, commissario europeo per la salute e la politica dei consumatori, e Antonio Tajani, Vice Presidente e commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria. Va ricordato che l’importanza strategica dell’iniziativa era stata già riconosciuta da tempo, essendo stata inserita al primo posto tra gli obiettivi strategici delineati dall’Agenda europea dei Consumatori e tra le 12 azioni chiave dell’Atto per il Mercato Unico (SMA II).
La politica dei consumatori sta quindi consolidando il proprio ruolo nella strategia europea per la crescita e l’occupazione (Europa 2020): niente fiducia, niente mercato, niente competitività. Rispetto al sistema attuale, si perseguono una serie di sviluppi. In termini di aggiornamento e semplificazione legislativa, ovvero di superamento della frammentazione regolamentare, lo strumento della direttiva viene superato e ricondotto al regolamento. I vantaggi dovrebbero tradursi anche in un più efficace sistema di esecuzione delle norme, il cd. “enforcement” (del tema se ne è peraltro discusso in modo approfondito in occasione del Summit Europeo dei Consumatori del 18-19 marzo 2013).
Sul piano delle regole, la direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti e la direttiva 87/357/CEE sulle imitazioni dei prodotti alimentari vengono sostituite da un nuovo regolamento, mentre i diversi atti normativi che disciplinano la vigilanza del mercato vengono fusi in unico strumento legislativo. Vengono allineati gli obblighi generali degli operatori economici per garantire la sicurezza di tutti i prodotti di consumo, con responsabilità più chiare per i fabbricanti, gli importatori e i distributori. Si rende più semplice il sistema di ritiro dal mercato dei prodotti pericolosi. Particolare attenzione è rivolta al miglioramento del sistema della tracciabilità dei prodotti di consumo lungo tutta la catena di fornitura. Si introduce l’obbligo di indicazione di origine. Si istituisce un sistema organizzato di cooperazione tra le autorità di vigilanza del mercato, in particolare attraverso meccanismi di assistenza reciproca e uno specifico Forum europeo. Si allineano e si semplificano le procedure di notifica dei prodotti pericolosi e si definiscono sinergie tra il sistema di allarme rapido esistente (GRAS-RAPEX) e il sistema di informazioni e comunicazione per la vigilanza del mercato (ICSMS), riunite in un unico sistema procedurale per evitare duplicazioni e migliorare lo scambio e la visibilità delle informazioni.
Dalle prime discussioni avviate in Consiglio e in Parlamento a Bruxelles, sono già emerse alcune questioni chiave: la scarsità di risorse a disposizione dei sistemi di vigilanza; l’impatto degli oneri e dei costi per gli operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese; la portata delle disposizioni in materia di indicazione di origine e tracciabilità.
Per quanto riguarda le risorse dei sistemi di vigilanza, il livello attualmente già limitato messo a disposizione in diversi Stati membri, inclusa l’Italia, rischia di comprometterne l’effettività. E’ un dato di fatto riconosciuto. Il miglioramento del sistema dei controlli dovrà necessariamente richiedere un rafforzamento delle risorse disponibili, anche umane, e uno sviluppo delle competenze. Questo tema rappresenta una delle ulteriori sfide in tempi di crisi e rilancio della crescita. E tuttavia, nonostante le attuali difficoltà, è possibile evidenziare alcuni risultati significativi.
In particolare è utile richiamare i principali risultati e i seppur limitati miglioramenti registrati in Europa e in Italia nel 2012 nell’ambito del funzionamento del sistema RAPEX, recentemente innovato tramite l’attivazione della nuova piattaforma GRAS-RAPEX. A livello generale europeo si sono registrate 2278 notifiche, di cui 1938 relative a prodotti con serio rischio. Rispetto al 2011 si è registrato un moderato incremento di notifiche (+ 382). Le categorie di prodotto maggiormente interessate sono state il vestiario, le apparecchiature elettriche e i giocattoli. In termini di paese d’origine, la Cina si conferma al primo posto (58%).
A livello italiano, nel 2012 il Ministero dello Sviluppo Economico ha effettuato 2300 segnalazioni e 89 notifiche. In termini di controlli sul territorio, nell’ambito della convenzione con Unioncamere sono stati emessi 160 provvedimenti restrittivi o di conformazione, mentre nell’ambito della convenzione con Agenzia delle Dogane, Istituto Superiore Sanità e Istituto Marchio di Qualità e nel quadro della collaborazione con la Guardia di Finanza sono stati emessi 122 provvedimenti.
Il tema dell’indicazione di origine e della tracciabilità merita un approfondimento particolare, tenuto conto dello specifico interesse in Italia. Il pacchetto introduce l’obbligo per produttori e importatori di indicare il paese d'origine sul prodotto o quantomeno sull'imballaggio o sui documenti che lo accompagnano. Per i prodotti fabbricati nell'Unione europea, l’indicazione può riferirsi all'Unione o a uno Stato membro. L'indicazione d'origine integra i requisiti fondamentali in materia di tracciabilità riguardanti il nome e l'indirizzo del fabbricante.
E’ ormai noto che l’indicazione dell’origine costituisce un elemento di particolare rilevanza politica. I precedenti falliti tentativi di introdurre tale obbligo nel contesto della politica commerciale (le proposte sul cosiddetto “Made In”) rendono tra l’altro incerte le prospettive di un accordo politico, tenuto conto delle preesistenti contrapposizioni a volte anche ideologiche tra diversi Stati membri. E’ necessario ora ricollocare il tema in un altro contesto. E’ importante cioè chiarire che la soluzione adottata dalla Commissione, grazie anche al forte impulso del Vice Presidente Tajani, può rappresentare un superamento dei falliti tentativi in materia di indicazione di origine nel contesto della politica commerciale. In particolare, si è tenuto conto della giurisprudenza dell’OMC, contraria ad un obbligo di etichettatura per i soli prodotti importati – come previsto dalla precedente proposta di regolamento “Made-In” poi ritirata – ma favorevole piuttosto all’estensione dell’obbligo di indicazione di origine per tutti i prodotti, non solo per quelli importati, con una differente base giuridica e in un contesto diverso da quello commerciale. E’ la soluzione seguita nel pacchetto sicurezza e vigilanza. Gli obblighi di indicazione di origine, ricondotti correttamente agli obblighi di tracciabilità diventano così conformi e coerenti con gli obiettivi di tutela degli interessi e della sicurezza dei consumatori. Anche in una logica di lotta alla contraffazione. In piena coerenza con il principio del rischio. I prodotti contraffatti, infatti, anche se non possono essere automaticamente considerati prodotti pericolosi, possono essere quantomeno considerati ad elevato rischio di pericolosità. In un contesto più ampio, in definitiva, le disposizioni sull’indicazione di origine, così come inserite nella proposta di regolamento, rispondono a due obiettivi complementari: rafforzare la sicurezza dei consumatori e combattere la concorrenza sleale tra imprese. Su questo tema la delegazione italiana in Consiglio ha già avuto modo di esprimere, in occasione della presentazione del pacchetto al Consiglio Competitività del 19 febbraio 2013, il proprio sostegno generale all’approccio della Commissione. Analogo sostegno è stato già espresso anche dalla delegazione italiana del CESE.
In termini pratici, sosteniamo inoltre la necessità non solo di migliorare la sicurezza dei prodotti ma anche di mettere in sinergia e rendere più trasparenti i sistemi operativi di vigilanza, in persistente difficoltà, soprattutto in termini di coordinamento e di risorse, nonostante i timidi segnali di miglioramento degli ultimi anni.
In conclusione, due parole sulle prospettive negoziali. I lavori in Consiglio sono ancora in una fase preliminare, il Parlamento europeo ha nominato i suoi relatori ma ha da poco avviato le discussioni. Se entro la prima metà del 2014 non si raggiungerà un accordo, si rischia una fase di stallo in concomitanza con l’elezione del nuovo Parlamento europeo e la scadenza del mandato dell’Esecutivo europeo. Dal 1° luglio 2014 la Presidenza di turno del Consiglio UE spetterà all’Italia. Il negoziato sul pacchetto “sicurezza e vigilanza” potrebbe quindi essere affidato a noi. Un motivo in più per impegnarsi insieme, e da subito, nel raggiungere il miglior risultato possibile.