L’acceso dibattito sulla proposta di Regolamento AGCOM in materia di diritto d’autore online si è fino ad ora prevalentemente concentrato sulla questione inerente la sussistenza o meno in capo all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni dei poteri necessari a deliberare in materia. Da una parte si sono schierati coloro che ritengono, sulla base di un’interpretazione estensiva dell’articolo 32-bis D.lgs 177/2005 introdotto dal c.d. Decreto Romani nonchè del Dlgs 70 del 2003, di attuazione in Italia della Direttiva sul commercio elettronico, che AGCOM possa allargarsi a regolamentare un procedimento di enforcement del diritto d’autore anche per quanto concerne le reti di comunicazione elettronica, dall’altra quelli che, al contrario – come il sottoscritto – considerano a dir poco claudicante tale legittimazione, che dovrebbe invece ritenersi limitata quanto all’oggetto allo specifico settore dei media audiovisi, ed in riferimento, quanto all’ambito soggettivo, solo ed esclusivamente ai fornitori di servizi media audiovisivi.
Il tema è in effetti a tal punto dirimente da aver spinto la stessa Autorità ad acquisire in merito dieci pareri di “eminenti giuristi”, a più riprese citati da alcuni Commissari come fonti autorevoli e sulla base dei quali l’Autorità avrebbe maturato la convinzione della propria piena competenza, pareri che tuttavia inspiegabilmente non sono mai stati resi pubblici dalla stessa Autorità e dei quali, da ultimo, si è potuta accertare addirittura la mancata acquisizione al fascicolo del procedimento, nel quale non ne risulta alcuna traccia.
Queste ed altre strane aporie del procedimento amministrativo in esame emerse nel corso della consultazione pubblica saranno probabilmente destinate ad essere dipanate solo dai giudici del Tribunale amministrativo di fronte al quale senza dubbio il regolamento verrà impugnato se verrà definitivamente approvato nel testo attuale.
La rilevanza fondamentale dei diritti in gioco suggerisce che della materia debba occuparsi il Parlamento
Ove non si voglia veramente rischiare di affidare all’arido confronto in seno ad un giudizio amministrativo sulla legittimità di un procedimento di una Autorità amministrativa semindipendente le sorti di un dibattito che, per la rilevanza fondamentale dei diritti in gioco, meriterebbe di essere affrontato in sedi costituzionalmente più adeguate e con ben altro approfondimento, sembrano ancora sussietere, in zona cesarini, due possibili chances.
La prima, la più auspicabile, richiederebbe uno scatto d’orgoglio da parte del Parlamento volto a riavocare a sè immediatamente ogni possibile decisione in una materia, come quella del contemperamento tra la tutela della proprietà intellettuale nel contesto digitale e la salvaguardia della libertà d’espressione in Internet, che assume viepiù importanza cruciale per la nostra Democrazia. La seconda consisterebbe – come capita aihmè sempre più spesso di questi tempi – nella speranza che sia invece la Commissione europea, attraverso una forte tirata di orecchie, a riportarci nella giusta carreggiata. La proposta di Regolamento AGCOM è infatti attualmente all’esame della Commissione europea alla quale AGCOM, ai sensi della Direttiva 98/34, è stata tenuta a notificarla.
Oltre a queste due ipotesi, si sta da ultimo purtroppo prefigurando la possibilità che sia invece il Governo, con un emendamento da apporre alla legge di stabilità, a sanare senza alcun dibattito parlamentare il vizio di legittimazione di AGCOM, come diremo meglio in conclusione si tratterebbe del peggiore degli scenari.
Il contrasto dello schema di Regolamento con il diritto comunitario e le violazioni dei principi europei inerenti la libertà d’espressione
Partendo dallo scenario europeo occorre rilevare innanzitutto che, al lordo di alcune travisanti letture giornalistiche , non c’è ancora stato alcun via libera per AGCOM da parte della Commissione il cui parere è atteso entro il 3 dicembre, pare utile anzi ricordare come rispetto alla bozza del precedente Consiglio AGCOM – poi mai definitivamente approvata – le osservazioni di Bruxelles furono molteplici e particolarmente ficcanti. Anche questa volta è dunque lecito attendersi una reprimenda dalla Commissione se non altro per quanto concerne i molti aspetti che la stessa aveva già sottolineato con la matita rossa e che AGCOM non ha inteso modificare in merito a due storture evidenti del Regolamento che confliggono frontalmente con il diritto comunitario:
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Nella sua proposta AGCOM non prevede alcun termine di efficacia delle misure inibitorie da adottare, dunque, tutte potenzialmente slegate da qualsivoglia accertamento nel merito. A ciò aggiungasi che nell’Ordinamento italiano questi provvedimenti sarebbero destinati a consolidare i propri effetti entro i brevissimi termini decadenziali di impugnativa per annullamento (60 giorni dalla comunicazione del provvedimento), trascorsi i quali resterebbe preclusa la possibilità per il resistente di provocare una cognizione giurisdizionale sulla fondatezza della misura irrogata. Orbene i paragrafi 6 e 7 dell’articolo 50 dell’Accordo TRIPs subordinano la possibilità per gli Stati Membri di assegnare all’Autorità giurisdizionale il potere di irrogare misure inibitorie a carattere provvisorio delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale a due condizioni: a) tali misure devono divenire inefficaci qualora entro 20 giorni lavorativi o 31 giorni di calendario non sia attivato un giudizio mirato a decidere il merito della controversia; b) deve essere previsto un rimedio risarcitorio dei pregiudizi patiti dai soggetti che siano stati ingiustamente destinatari di tali misure. Si badi bene, le predette condizioni devono sussistere anche qualora il provvedimento sia adottato da un’autorità amministrativa per espresso richiamo contenuto nel paragrafo 8 dell’articolo 50 dell’Accordo TRIPs;
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Come è stato rimarcato recentemente anche da due interrogazioni rivolte da Membri del Parlamento europeo alla Commissione (Interrogazioni On.le Rinaldi e On.li Toia/Berlinguer) sussistono seri rischi circa gli effetti deleteri che lo schema di regolamento AGCOM avrà sulla libertà d'espressione in Rete. Libertà d'espressione che – vale la pena rammentarlo – è protetta dall'articolo 10 della Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Qualcuno forse ricorderà peraltro come alcuni anni or sono, ci fu una forte pressione lobbistica da parte dei right owners per introdurre nell’ambito di un pacchetto di direttive di riforma della regolamentazione europea in materia di telecomunicazioni (il c.d. Telecom Package) una norma che consentisse loro un procedimento sommario di enforcement del diritto d’autore online per via amministrativa – ebbene sì ora come allora ! Grazie però a un sollevamento da parte del Parlamento europeo l’operazione si ritorse contro a chi l’aveva promossa, la norma che ne scaturì recita infatti ora come segue: Articolo 1 paragrafo 3a della Direttiva 2002/21/CE come emendato dell’art 1 pragrafo 3 bis della Direttiva 2009/140/CE: “I provvedimenti adottati dagli Stati membri riguardanti l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, devono rispettare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario. Qualunque provvedimento di questo tipo riguardante l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, che ostacolasse tali diritti o libertà fondamentali può essere imposto soltanto se appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica e la sua attuazione dev’essere oggetto di adeguate garanzie procedurali conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto comunitario, inclusi un’efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo. Tali provvedimenti possono di conseguenza essere adottati soltanto nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza e del diritto alla privacy. Dev’essere garantita una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate, fatta salva la necessità di presupposti e regimi procedurali appropriati in casi di urgenza debitamente accertata conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Dev’essere garantito il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo.”
Solo il Parlamento può adottare una riforma del diritto d’autore armonica, equa ed innovativa
Tornando all'auspicabile scatto d’orgoglio che possa finalmente muovere il Parlamento italiano a rivendicare le sue legittime prerogative, va innanzitutto preso atto molto favorevolmente che proprio in tale ottica recentissimamente sono stati presentati tre disegni di legge (Cfr: Atto Camera n. 1639 , Atto Senato n. 1066 , Atto Senato n. 1147), su quest’ultimo in particolare, a prima firma del Senatore Felice Casson, stanno convergendo le firme di numerosi parlamentari del Partito Democratico, lo stesso PD che – di fatto – dovrà nominare alla Camera il prossimo 14 novembre il nuovo Commissario AGCOM che andrà a sostituire il dimissionario Maurizio Decina.
Oltre alla mancanza di legittimazione in capo all'Autorità e ai rischi documentati circa i suoi effetti deleteri sulla libertà d'espressione in Rete, nella proposta di regolamento AGCOM non si affronta in alcun modo seriamente la promozione del mercato legale dei contenuti, nonostante sia ampiamente riconosciuto ed è stato dichiarato persino dallo stesso Presidente AGCOM, che questa dovrebbe essere la strada maestra per abbattere la pirateria. Vi è peraltro una ragione ulteriore che dovrebbe spingere il Parlamento a censurare la proposta di Regolamento AGCOM, ovvero la assoluta e inaccettabile mancanza di un’analisi di impatto economico nello schema di regolamento. Sebbene più volte sollecitata in tal senso, l’Autorità non ha infatti sviluppato direttamente o indirettamente alcuno studio indipendente sul c.d. danno da pirateria telematica in Italia nè, tantomeno, ha potuto indicare quale sarebbe l’incidenza dello schema di regolamento sullo stesso e, cosa ancora più grave, quali saranno i costi dell’attuazione e dell’operatività a regime del regolamento che dovrà accollarsi lo Stato e quelli che dovranno accollarsi gli Internet Service Providers che saranno chiamati a sostenere parte del procedimento.
Come recita una lettera aperta indirizzata alla Presidentessa della Camera On.le Laura Boldrini che ho avuto recentemente l’onore di firmare insieme ad altri 30 rappresentanti di associazioni ed esponenti della società civile che, pur rappresentando istanze ed interessi assai diversi tra loro, imprenditoriali, consumeristi, professionali e accademici, concordano, nel ritenere ingiusta, inopportuna ed inappropriata la procedura di repressione sul web proposta dall’AGCOM, senza il ricorso alla Magistratura: “solo in Parlamento, grazie alle più ampie prerogative consentite al Legislatore, può essere infatti adottata una riforma del diritto d’autore armonica, equa ed innovativa. Una riforma della legge n. 633/1941 che affronti, da una parte, con doveroso rigore la repressione delle violazioni a scopo di lucro anche attraverso strumenti quali il cd follow the money, che impedisce la monetizzazione delle grandi piattaforme di pirateria commerciale senza ricorrere né all'interdizione del servizio a livello DNS, che metterebbe a rischio la libertà d’espressione, né a forme di "rimozione selettiva" che richiederebbero il ricorso a tecniche di ispezione delle comunicazioni (Deep Packet Inspection) incompatibili con l'articolo 15 della Costituzione e ponga, dall’altro, le precondizioni più adeguate per sviluppare finalmente nel nostro Paese un mercato legale dei contenuti online senza dimenticare, infine, di precisare, dettagliare, riconoscere e promuovere i diritti dei consumatori nel nuovo contesto digitale. Appare ormai intollerabile che, complice un quadro normativo inadatto al mutato contesto tecnologico, l’emersione di nuove forme di linguaggio fatte non solo di parole ma anche di immagini, suoni, melodie, trovi nel diritto d’autore uno strumento che, lungi dal promuovere la creatività, ne impedisca in concreto la positiva estrinsecazione. Contemperare adeguatamente i diritti degli autori ed editori con i diritti di libertà degli utenti della Rete consentirebbe alle nuove generazioni di esprimersi nel linguaggio loro più congeniale ed al Paese di cogliere appieno le opportunità del digitale contribuendo così a restituire al mercato un settore dell’economia come quello dell’innovazione e della conoscenza che può fare dell’Italia un caso di eccellenza nel panorama europeo”.
Un emendamento del Governo infilato furtivamente nella Legge di Stabilità configurerebbe il peggiore dei modi possibili per porre la parola fine a questa articolata vicenda
In ultimo va segnalato con una certa preoccupazione come si stia prefigurando l’ipotesi che possa essere il Governo, attraverso un emendamento di due righe da apporre in extremis alla Legge di Stabilità, a sanare in corso d’opera – se così si può dire – il vizio di legittimazione in capo ad AGCOM. Riemergerebbe in tal modo rocambolescamente quella norma di interpretazione autentica fortemente “agognata” dal precedente Presidente dell’Autorità e mai “concessa” dal Governo, tanto che lo stesso Corrado Calabrò, come si può leggere nel Bilancio di mandato 2005-2012 così ne traeva le conclusioni : “L’intesa era però che il Governo avrebbe adottato una norma di interpretazione autentica che rendesse leggibili per tutti le norme primarie che inquadrano la nostra competenza. E’ vero che una tale norma non è indispensabile, ma sarebbe certamente utile in una materia, qual è quella in questione, nella quale, per la sua sensibilità, è auspicabile la massima chiarezza. Finché il Governo non adotterà questa norma, noi – almeno in questa Consiliatura – non ci sentiremo tenuti alla deliberazione del regolamento, pur così equilibrato, che abbiamo predisposto e messo a punto con ampia consultazione”.
Il fatto poi che, a disciplina di settore invariata, il nuovo Consiglio AGCOM, invece di formalizzare tale richiesta attraverso lo strumento istituzionalmente più consono consistente nella Segnalazione al Governo, come previsto tra le prerogative dell’Autorità ai sensi dell’art.1, comma 6, lettera c), n 1 della sua Legge istitutiva, evitava al contrario di rimettere la decisione all’Esecutivo o, come da più parti auspicato, al Parlamento per consentire una più complessiva riforma della legge n. 633/1941, e si avventurava invece nell’ultima ardita acrobazia che siamo ora a commentare, è storia nota.
Un emendamento del Governo infilato furtivamente nella Legge di Stabilità configurerebbe dunque il peggiore dei modi possibili per porre la parola fine a questa articolata vicenda. Come capita sempre più spesso nel nostro Paese, con l’apposizione della fiducia si sottrarrebbe infatti sul nascere al Parlamento la possibilità di sviluppare un ampio dibattito – anche tra visioni divergenti – sul tema oggetto dei tre citati disegni di legge, con buona pace della nostra Costituzione e di un corretto confronto democratico.
Update: Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'editoria Giovanni Legnini ha smentito via Twitter che il governo stia lavorando ad inserire il suddetto emendamento nella Legge di stabilità, questo tuttavia non esclude definitivamente che possa essere utilizzato un diverso strumento per sanare ex post la carenza di legittimazione in capo ad AGCOM. La situazione è molto fluida e va monitorata. Giovedì prossimo 14 novembre, alla conferenza “dialogo sulla libertà di informazione” presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, alla presenza dei Presidenti di Camera e Senato nonchè di Frank La Rue, Special Rapporteur ONU per la promozione e tutela della libertà di informazione, sarà un'ottima occasione per fare il punto della situazione.
[...] Continua a leggere su Consumatori Diritti e Mercato questo mio articolo nel quale ho cercato di fare un quadro di insieme dello stato dell’arte del dossier, ovviamente si tratta di una visione di parte, ma dalla parte buona [...]
Buongiorno, ma noi che viviamo di fotografia, e dei siti, utilizzano le nostre foto prese da altri che si che le Pagano le foto le sembra giusto? La libertà di espressione di cui parla non é utilizzare materiale prodotto da altri.