Con la campagna dichiarazioni 2015 anche il 730 potrà essere autonomamente compilato dai contribuenti senza passare per un CAAF o per un professionista abilitato.
Si tratta di una procedura sperimentale, che dovrebbe essere definita nei prossimi anni, introdotta nel nostro ordinamento con l’art.1 D.Lgs.175/2014 (“Decreto semplificazioni”).
Lo scopo finale è ridurre i costi di transazione per la “compliance” fiscale, senza sminuire i livelli di controllo per prevenire fenomeni di elusione/evasione o anche semplici errori.
In questo intervento cerchiamo di sintetizzare le prime impressioni sulla efficacia della procedura ed alcune difficoltà emerse in sede di prima applicazione.
La prima impressione è che si tratti di una “rivoluzione a metà”. Il sistema va ulteriormente semplificato, reso più accessibile da persone con ridotte competenze informatiche e/o tributarie, e vanno implementate le acquisizioni di dati relativi alle spese fiscalmente riconosciute ed ai redditi fondiari.
Costi di transazione
Sino alle dichiarazioni 2014 i 730 che passavano tramite CAAF/professionisti costavano alla collettività 14€ per ogni 730 (26€ per i 730 congiunti), e con una corresponsabilità “forfetaria” di CAAF e professionisti in caso di errori nella certificazione della dichiarazione.
Sui 20 milioni circa di 730 si trattava di oltre 250 milioni di Euro di compensi erogati dall’Agenzia Entrate.
Con la riforma del Decreto Semplificazioni i compensi complessivamente spettanti ai CAAF dovrebbero ridursi in misura del “successo” dei modelli precompilati, portando quindi al risultato di una sensibile riduzione delle spese di trasmissione dichiarazioni.
In senso inizialmente opposto l’aumento della responsabilità di CAAF e professionisti ha determinato un incremento delle polizze assicurative di questi con conseguente aggravio sulle tariffe professionali per il servizio. Un chiaro disincentivo ad affidarsi a intermediari.
Per il contribuente l’unico modo di dichiarare redditi e spese con il 730 senza pagare compensi a CAAF e professionisti diventa il modello “precompilato” completato e spedito da soli tramite il portale di Agenzia Entrate.
Riduzione rischio elusione/evasione/errore
Con il 730 precompilato e con le innovazioni in materia di trasmissione delle “certificazioni uniche”, ovvero dei dati dei compensi erogati da imprese, professionisti ed enti, che sono anticipate a febbraio, buona parte dei redditi sono oggi conosciuti dal “fisco” in tempo utile per renderli disponibili a chi redige il 730 precompilato.
I rischi di errore dal lato “redditi” sono quindi contenuti e, di conseguenza, lo sono anche le risorse necessarie per i controlli delle dichiarazioni (altri risparmi sui “costi di transazione”).
Sul lato delle spese fiscalmente riconosciute lo stato di avanzamento del progetto è decisamente più arretrato.
Ad oggi gli interessi passivi sui mutui “prima casa” e poco altro risulta recepito nel modello precompilato. Sui numeri delle spese riconosciute pubblicati dal Dipartimento delle finanze delle spese è ad oggi “precompilato”, il resto deve essere documentato dal contribuente.
Su questo punto i margini di miglioramento sono subordinati al superamento dello “scontrino fiscale” con un sistema di trasmissione dati analogo a quello della Grande Distribuzione (i cui incassi sono trasmessi telematicamente ogni giorno ad Agenzia Entrate) e dalla diffusione generalizzata a tutte le operazioni degli strumenti di fatturazione elettronica, oggi utilizzata esclusivamente per la fatturazione alla Pubblica Amministrazione.
Un “passo avanti” importante non solo ai fini della procedura 730, ma anche nell’ottica di un contrasto all’evasione delle mini e micro imprese ed autonomi. Un passo che va ponderato e proposto in modo da contenere il più possibile i costi di “compliance” fiscale del popolo delle partite IVA, che ha pesantemente sofferto in questi anni di crisi economica, e che è caratterizzato da molte situazioni di “marginalità economica”, ovvero al limite della chiusura dell’attività.
Difetti di crescita: la prima applicazione del 730 Precompilato
Alcune delle problematiche emerse in sede di prima applicazione del modello 730 dovrebbero essere superate nei prossimi anni.
Innanzitutto la sperimentazione non riguarda tutte le persone che possono presentare un modello 730, ma solamente un buon numero di queste, ed esattamente i contribuenti:
• che nel 2014 hanno presentato dichiarazione 730 o UNICO
• che nella dichiarazione 2014 hanno esposto redditi di lavoro dipendente
Poiché il precompilato via portale Agenzia Entrate è l’unico modo di fare gratis il 730, i contribuenti che non rientrano nel campione si sono visti la spiacevole sorpresa di dovere pagare le prestazioni dei CAAF, anche se il modello era completamente compilato dal contribuente.
I redditi da fabbricati si sono rivelati un ulteriore punto dolente. I redditi vengono desunti dalla dichiarazione dell’anno precedente con alcuni “avvertimenti” in caso di presenza di atti come registrazioni di contratti di locazione o compravendite immobiliari del 2014. È però onere del contribuente modificare la dichiarazione sulla base degli “avvertimenti”. Inoltre il modello non tiene conto di un particolare “diritto reale”, ovvero il diritto di abitazione del coniuge superstite che è sancito dal codice civile e non registrato con atto notarile.
Il “digital divide”: Cittadini di serie A e di serie B
Le modalità di compilazione ed invio del nuovo modello 730 precompilato sembrano avere completamente dimenticato le persone che, per età o per impreparazione “informatica”, non sono in grado di utilizzare procedure web based.
Infatti, l’impressione che abbiamo avuto nella attività di consulenza fiscale a favore dei soci di Altroconsumo è diverse persone che fino all’anno scorso compilavano da sole il 730 e lo consegnavano finito e gratuitamente ad un CAAF quest’anno non siano nelle condizioni di passare alla procedura informatica.
Ad oggi la dimensione del fenomeno non è stimabile: bisognerà attendere la fine della prima “campagna” 730 e sperare che il dato sia rilevato per proporre delle considerazioni più dettagliate.
L’evoluzione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione, compreso l’assolvimento degli obblighi fiscali, sta avvenendo a condizioni molto differenti tra le persone in grado di utilizzare strumenti informatici e quelle che non lo sono.
Le statistiche OCSE sul numero di adulti carenti in competenze informatiche non sono incoraggianti per l’Italia, e il loro possesso o non possesso sta tracciando un solco significativo sulla qualità dei rapporti con la PA.
Il problema è vasto ed esula dai contenuti di questo intervento. Limitandoci alla sfera fiscale va rilevato che, nell’ottica di ridurre il divario tra chi possiede e chi non possiede competenze informatiche la strada da seguire è ridurre ulteriormente la complessità delle richieste del fisco, indipendentemente dal mezzo utilizzato per redigere e trasmettere la Dichiarazione fiscale.
Banca dati unica immobiliare: una necessità inderogabile
L’importanza essenziale assunta dalle imposte sul patrimonio immobiliare, come ICI, IMU e TASI, e le difficoltà nel recepimento dei redditi fondiari nel 730 precompilato impongono una revisione della banca dati catastale che permetta di accedere in modo unico da parte di Comuni, cittadini ed Agenzia entrate, anche alla modalità di utilizzo degli immobili oltre che alle coordinate catastali e le caratteristiche dell’immobile.
Questa implementazione avrebbe due riflessi positivi: l’automazione anche delle voci “redditi fondiari” della dichiarazione, e la possibilità di passare dalla autoliquidazione delle imposte patrimoniali locali ad una piena disponibilità per il cittadino di “bollettini precompilati” a cura della PA per assolvere gli oneri tributari locali.
Sono evidenti i riflessi sulla riduzione dei “costi di transazione” della riscossione: meno controlli, meno rischio di errori, meno tempo perso dai contribuenti.