Il Commissario europeo per l’Agenda Digitale Neelie Kroes ha recentemente gettato le basi per un vero e proprio revirement rispetto alla precedente visione della Commissione europea in tema di investimenti in banda larga. Pur ribadendo di voler rafforzare gli obblighi di non-discriminazione per evitare che gli incumbent (gli ex monopolisti delle tlc) possano godere di indebiti vantaggi nei confronti degli operatori alternativi, con una presa di posizione del luglio 2012 la Commissaria ha infatti contestualmente esplicitato di voler adottare una certa flessibilità regolamentare nelle nuove reti in fibra ottica e, soprattutto – questo l’apetto più controverso – di voler mantenere stabile il prezzo di accesso da parte degli operatori alternativi alla rete in rame, ovvero la rete tradizionale che gli ex monopolisti hanno ereditato a seguito delle privatizzazioni e attraverso la quale vengono forniti attualmente i servizi a banda larga in tecnologia DSL.
Una raccomandazione squilibrata in favore degli incumbent
In dicembre c’è stato poi il primo passo formale con l’invio da parte della Commissione al BEREC, l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche, di una bozza di raccomandazione sugli obblighi di non discriminazione e sulla modalità di calcolo in materia di accesso alle reti di comunicazione elettronica che va oltre le peggiori aspettative in quanto:
- obbliga sostanzialmente le Autorità nazionali di telecomunicazioni, a prescindere dalla metodologia adottata, a portare i prezzi dell’unbundling di accesso alle reti in rame tra gli 8 e 10 Euro. Non si tratterebbe quindi di mantenere stabili fino al 2020 i prezzi attuali, cosa che già di per sè appariva assai discutibile, bensì in media di aumentarli e, per quanto concerne alcuni Paesi membri, come ad esempio la Polonia e la Slovacchia, addirittura di raddoppiarli;
- non si limita a fornire agli operatori dominanti super margini sull’unbundling ma permetterebbe loro anche di continuare la discriminazione sulle reti in rame;
- Il test di margin squeeze preannunciato dalla Commissaria Kroes, invece di essere obbligatorio ed ex-ante potrà essere realizzato solo su richiesta di un operatore alternativo in una procedura di risoluzione delle controversie o quando l’Autorità nazionale lo ritenga necessario. Ciò significa che potrebbero servire anni dal lancio di un’offerta lesiva di un operatore dominante, in quanto atta ad accrescere i costi dei concorrenti, prima che essa sia individuata e condannata.
Questo approccio avrà un immediato impatto negativo sulla concorrenza intaccando la capacità competitiva degli operatori alternativi ma, a stretto giro, produrrà anche un effetto a valle sui consumatori finali che, nel migliore dei casi, sperimenteranno una stabilizzazione dei prezzi per la prima volta dopo oltre 15 anni dalla liberalizzazione che li ha portati finora costantemente verso il basso. Quel che molto più probabilmente dovremo attenderci è un generale aumento dei prezzi per i consumatori finali che non potranno più trarre peraltro profitto in termini di libertà di scelta da un’ampia gamma di offerte alternative Vedi in tal senso la recente L2013_003 MGO Letter to Vice President Kroes.
Ciò detto, se fossimo semplicemente di fronte ad una precisa scelta della Commissione che, nel dover trovare la migliore forma di incentivo per perseguire l’obiettivo di sviluppare investimenti in fibra, nell’interesse generale avesse optato di favorire gli incumbent a discapito di operatori alternativi e consumatori finali, potremmo concludere, certo non senza stupore, che fino ad ora politiche regolamentari di siffatta natura sono più spesso scaturite dai decisori nazionali spesso catturati mentre la Commissione ha sempre rappresentato per converso il baluardo a difesa della concorrenza e dell’interesse dei consumatori. Nel segnalare come la Commissione stia quindi rischiando di adottare un approccio diamentralmente opposto per quanto concerne la fibra e la sovraremunerazione del rame rispetto a quello che ha adottato per converso recentemente con riguardo alle tariffe di terminazione mobile, la nosra storia potrebbe finire qui.
Aumentare il prezzo del rame non corrisponde all’interesse generale
In realtà il punto maggiormente rilevante è un altro: mantenere artificialmente elevato il prezzo del rame non è solo contrario agli interessi degli operatori alternativi e dei consumatori ma, a ben vedere, si pone in evidente contrasto con gli stessi ambiziosi obiettivi dell’Agenda Digitale europea e con l'interesse generale allo sviluppo della banda larga ad alta velocità, in quanto non potrà che scoraggiare gli investimenti nelle reti in fibra.
Se, da una parte, appare infatti comprensibile che gli operatori ex monopolisti (così come i loro azionisti) spingano per avere garanzie sul ritorno dei loro investimenti in fibra, dall’altra, la pretesa che il prezzo del rame sia mantenuto artificialmente alto grazie ad interventi regolamentari a dir poco impropri in modo che i conseguenti margini così assicurati siano poi investiti in fibra ci sembra oltremodo peculiare e intrinsecamente illogico dal punto di vista economico.
Chi ci garantisce che utilizzeranno davvero tali margini per investire in fibra? Se il rame infatti viene sovraremunerato perchè mai gli incumbent dovrebbero stendere la fibra invece di utilizzare i margini gonfiati ad esempio per ripianare parzialmente i loro ingenti debiti? Ma, soprattutto, perchè mai gli ex monopolisti dovrebbero lasciare questa “miniera di rame" sulla quale sono comodamente seduti?
Partendo dall’assunto che gli incumbent non sono necessariamente benefattori dell’umanità, ma imprese commerciali che perseguono legittimamente un utile, provate a mettervi per un solo momento nei loro panni, con una rete in rame certo tecnologicamente obsoleta ma completamente ammortizzata sulla quale non c’è più bisogno di investire, solo manutenere e che, soprattutto, continua a garantirvi una posizione di rendita ragguardevole. Probabilmente non vi imbarcareste mai in un investimento complesso per creare nuove reti in fibra, con il rischio che ciò comporterebbe in termini di ritorno sugli investimenti e una serie di nuove dinamiche nei rapporti con tutti i concorrenti di cui prendersi cura, a meno che non foste fortemente disincentivati dalle Istituzioni competenti a continuare ad indugiare su politiche commerciali conservative.
A scanso di equivoci vale la pena ribadire chiaramente che gli interessi di Telecom Italia, degli altri incumbents in giro per l’Europa, e di tutti i loro azionisti e investitori sono certamente legittimi ma confliggono con l’interesse generale che dovrebbe essere considerato prevalente e al di sopra di essi, se è vero – come è vero – che l’aumento della penetrazione della banda larga e la posa della fibra possono abilitare, da una parte, una Democrazia più partecipata e moderna e, dall’altra, quello sviluppo economico e quindi quella crescita considerevole del PIL tali da assumere una funzione anticiclica in questo momento di crisi, come ci ha insegnato e continua a ribadire in maniera convincente la Commissione europea stessa. Pare indubbio che, quale conseguenza, l’interesse generale dovrebbe essere fatto prevalere su quello legittimo ma a breve termine e tutto rivolto su loro stessi di investitori e incumbent.
Il vero problema allora non è posto dagli incumbent ma dalla politica, dai decision makers a livello europeo così come nei singoli Stati membri che dovrebbero trovare la forza e il coraggio – prima ancora che le soluzioni tecniche – per facilitare (ed imporre se necessario) nel pubblico interesse, scelte di politica industriale davvero cruciali per il nostro futuro.
In modo provocatorio si potrebbe dire che gli incumbent non hanno mai costruito una rete con i loro danari: le reti fisse in rame sono state costruite dagli Stati con i soldi dei contribuenti, mentre le reti di telefonia mobile sono state remunerate con le tariffe di terminazione mobile scaricate a valle sui consumatori. Con la fibra sarebbe quindi la prima volta che investono direttamente in una rete! Ecco un’altra ragione per la quale si ritengono auspicabili e necessari strumenti tipici di una forte politica pubblica che sia capace di indirizzare, sul solco dell’interesse generale, le scelte degli operatori.
Ciò a cui stiamo assistendo per quanto concerne gli incentivi agli investimenti in fibra proposti dalla Commissione europea potrebbe essere paragonato mutatis mutandis per livello di assurdità alla scelta di una Istituzione nazionale o europea che, seriamente intenzionata ad esempio ad incentivre una nuova tecnologia per produrre energia in quanto convinta della sua maggiore efficienza ed ecocompatibilità, favorisse in vario modo non direttamente la nuova tecnologia bensì la vecchia sperando che quasi d’incanto e per spirito altruistico gli operatori investano gli ampi margini così introiettati nello sviluppo e nella vendita della nuova tecnologia senza che nessuno lo imponga loro!!! Allo stesso modo, per tornare al tema di nostro interesse, sarebbe altresì come se, una volta che venga finalmente consentito agli utenti che lo desiderano, di ottenere il possesso e la gestione del loro local loop, lo Stato o l’Europa incentivassero per assurdo i condomini che si consorziano per connessioni in tecnologia DSL alla rete in rame anzichè favorire la stesa di nuova fibra.
Conclusioni
- Se l’obiettivo della Commissione rimane effettivamente quello di incentivare la penetrazione della banda larga in Europa gli strumenti proposti nella bozza di raccomandazione appaiono indubbiamente inadeguati.
- Se, invece, l’obiettivo della Commissione è divenuto molto più semplicemente quello di riconoscere agli incumbent e ai loro investitori extra margini sulle attività tradizionali per salvaguardare la tenuta del sistema in questo particolare momento di crisi economica allora, per una questione di trasparenza, il cambiamento di prospettiva andrebbe chiaramente esplcitato e gli effetti deleteri sulla concorrenza in termini di rischio di rimonopolizzazione, così come quelli a valle in termini di aumento dei prezzi per i consumatori finali andrebbero in qualche modo neutralizzati.
- La crisi economica è un problema anche per i consumatori, non solo per gli incumbent e porre artificialmente un rischio imprenditoriale completamente sulle spalle dei consumatori appare in ogni caso oltremodo discutibile.
- Scaricare a valle i costi degli ex monopolisti rimane la regola nel caso italiano non solo nel settore tlc, anche ad esempio nel gas e nell’energia elettrica. In questa congiuntura economica ci sembra però vieppiù inaccettabile e se anche la Commissione europea si mette ad avvallare questo approccio quello di un mercato efficiente diventa sempre più un lontano miraggio.
[...] the pro-incumbents approach surprisingly taken by the Dutsch politician since July 2012. Similar concerns are feared by the Italian Consumers Association [...]
Un piccolo update: Altroconsumo aveva chiesto ad AGCOM di esprimere parere negativo in sede BEREC sulla bozza di Raccomandazione (qui la nostra lettera). Ora, non è dato sapere cosa abbia fatto Agcom che non ci ha risposto ma quello che è certo è che dal BEREC, al di là della necessaria diplomazia, è arrivata una sonora bocciatura alla proposta della Commissaria Kroes, Bene! Potete leggere qui il Parere del BEREC
[...] sto convintamente dalla parte di AGCOM per gli stessi motivi che avevo già ampiamente espresso qui Gli strani incentivi della Commissaria Kroes: regalare miniere di rame agli ex monopolisti perchè i… Share this:Mi piace:Mi piace [...]