Sovra indebitamento va a braccetto col concetto di usura, un reato che in Italia è regolamentato e sanzionato dal 1996. Di certo se ci si indebita a tassi troppo alti è ancora più facile che le rate possano diventare insostenibili a seguito di eventi nuovi ed imprevedibili.
Come è noto l'articolo 644, comma 3 del Codice Penale afferma: "la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari".
A ciò ha provveduto l'articolo 2, comma 4 della legge 7 marzo 1996, n. 108 che ha reso “oggettivo” il reato di usura, dando certezza su quando un tasso d’interesse applicato ad un finanziamento possa essere considerato usuraio e dunque fuori legge.
Dall’entrata in vigore della legge 108/1996, ogni tre mesi viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale un decreto del Ministero dell’Economia che esplicita, per diverse categorie omogenee di finanziamento, qual è stato il tasso medio applicato dagli operatori in un determinato trimestre e quindi quale sarà il tasso soglia ai fini dell’usura nel trimestre successivo.
Dal 2010 i tassi medi secondo le Istruzioni di Banca d’Italia vengono calcolati tenendo anche conto di commissioni, spese di qualsiasi tipo (escluse tasse ed imposte) sostenute dal cliente per l’erogazione del credito e quindi: costi di istruttoria e di revisione del finanziamento, spese di chiusura pratica o di liquidazione degli interessi, le spese di incasso rata e quelle di trattenuta dello stipendio o della pensione, l’eventuale costo di mediazione, le spese assicurative obbligatorie, le spese di perizia, le spese postali e di custodia, gli oneri sostenuti sui conti correnti passati in rosso senza avere un affidamento, ogni altra spesa.
Il tasso medio è molto simile così al Taeg (tasso annuo effettivo globale) delle operazioni di mutuo o di credito al consumo e questo è di certo positivo visto che contrasta la prassi seguita da molti operatori di mercato che applicavano alle operazioni di finanziamento costi di vario genere che di fatto facevano salire i tassi effettivi dei finanziamenti ben al di sopra del limite usurario (precedentemente calcolato senza tener conto delle spese).
Fino al giugno del 2011, il tasso usurario era pari al tasso medio aumentato della metà. Poi c’è stato un cambiamento legislativo. L'articolo 8, comma 5, lettera d) del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 (cosiddetto “decreto sviluppo”), convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, ha modificato la definizione legale del concetto di 'interessi usurari'. Dopo la riforma, per individuare il limite oltre cui scatta l’usura il tasso medio non deve più essere aumentato della metà, bensì "di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali". Non solo, la nuova definizione legale stabilisce che "la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a otto punti percentuali".
Da cosa è stato giustificato questo cambiamento nella definizione del tasso usurario? Dalla situazione di mercato che aveva reso i tassi molto bassi. Gli operatori si lamentavano del fatto che tassi così bassi avrebbero portato ad un razionamento del credito: tassi troppo bassi non davano loro la possibilità di applicare tassi più alti adeguati a clienti meno affidabili che in questo modo non avrebbero mai avuto credito. In pratica per fare prestito a soggetti con redditi bassi e per questo meno affidabili si aumenta loro il tasso d’interesse applicabile, con la conseguenza che le rate diventano ancora più insostenibili proprio per soggetti già svantaggiati. Un meccanismo davvero pericoloso, di certo non proprio compatibile con il concetto di credito responsabile.
Fatto sta che per assecondare le richieste degli operatori, il Governo è intervenuto con un generale ampliamento dello spread tra tasso medio e tasso usurario, esteso a tutte le categorie di credito. E’ stato modificato il metodo di calcolo del tasso soglia, riducendo dal 50% al 25% lo spread percentuale e aggiungendo un margine fisso di 4 punti percentuali; viene in tal modo posto un minimo al divario fra il TEGM (tasso effettivo globale medio) e la soglia d’usura. Il divario deve essere di almeno 4 punti percentuali e, (meno male), si afferma anche per legge che il divario fra il TEGM (tasso effettivo globale medio) e il tasso soglia può essere al massimo di 8 punti percentuali.
Rispetto al precedente sistema di calcolo, sino ad un valore del Tasso effettivo globale medio del 16%, la soglia d’usura risulta aumentata, significativamente per i tassi più bassi, e via via in misura ridotta per i tassi più elevati. Sopra il valore del TEGM del 16%, invece, il nuovo sistema di calcolo conduce a valori della soglia più bassi del precedente: il punto di indifferenza fra il precedente criterio e quello vigente è posto in corrispondenza della soglia del 24% (TEGM del 16%).
Fatto sta che attualmente, e lo è stato anche in passato, solo due categorie hanno dei valori del tasso medio superiori al 16%; si tratta di scoperti senza affidamenti fino a 1500 euro e credito revolving. In tutti gli altri casi la nuova definizione ha portato ad una crescita del tasso soglia.
Lasciatecelo dire; di certo l’intento della legge è assolutamente positivo. Dare certezza al mercato e quantificare il tasso soglia ai fini dell’usura.
Ma purtroppo la legge ha introdotto un meccanismo automatico di calcolo per cui il tasso di usura è calcolato direttamente con una formula matematica applicata al tasso medio di mercato, quest’ultimo deciso dagli operatori.
Ciò fa si che se tutti gli operatori decidono di aumentare di tre punti percentuali il tasso di un’operazione, nel trimestre successivo il tasso soglia aumenterà di 3,75 punti percentuali.
Peraltro così facendo se anche i tassi di mercato diminuiscono il tasso d’usura può tranquillamente crescere, basta che gli operatori si mettano d’accordo per aumentare i tassi delle operazioni. La legge lo permette e purtroppo nel mercato italiano in molti casi si ravvisa poca concorrenza ed un appiattimento delle politiche dei tassi offerti alla clientela. Certo i comportamenti collusivi sono vietati e c’è un’Autorità apposita che dovrebbe evitarli e sanzionarli.
Ma dal nostro punto di vista sarebbe opportuno anche fare qualcos’altro. Qual è dunque la nostra proposta? Fermo restando che siamo assolutamente d’accordo con dei criteri oggettivi che servano ad individuare in maniera univoca il tasso soglia ai fini dell’usura, quello che si deve assolutamente evitare è che la definizione sia lasciata totalmente in mano agli operatori di mercato. Sarebbe più corretto “aggiustare” i valori avendo come riferimento dei tassi di mercato; ad esempio il tasso di riferimento della BCE (banca centrale europea) (che oggi quota lo 0,5%) o l’IRS (interest rate swap) e l’EURIBOR (che oggi quotano poco più di 1 o 2 punti percentuali). Parametri di mercato che con l’arrivo delle nuove norme da parte della Commissione europea diventeranno assolutamente corretti e al di fuori da qualsiasi rischio di manipolazione.