Gli enti locali e i comuni in particolare si sono sempre occupati non solo delle funzioni pubbliche, intese come quelle attività che si manifestano con l’adozione di provvedimenti amministrativi, ma anche di rendere servizi. Questo secondo ambito di azione locale è stato sempre svolto in una sorta di cono d’ombra della legislazione, nel senso che ad esso si è storicamente data minore attenzione. Su questo punto si può dire che questo scorcio di nuovo secolo porta un’inversione assoluta di tendenza, perché il legislatore nazionale dedica ai servizi pubblici locali una quantità di disposizioni di gran lunga superiore a quella riservata all’attività amministrativa strettamente intesa.
Se la legge del 1903 sulla municipalizzazione trovava la sua ragione d’essere nel combattere i monopolisti privati, le riforme degli anni novanta con la privatizzazione delle aziende municipalizzate hanno fatto ritornare quel lontano pericolo, con società miste che operano per più servizi e con dimensioni territoriali molto ampie (almeno nel nord Italia) e che hanno fortemente allentato i legami con i Comuni e con le collettività locali di riferimento.
Con le ultime riforme del Governo Monti e per effetto di una più coerente attuazione dell’indirizzo comunitario, sono state poste le premesse per una effettiva liberalizzazione di questi mercati.
Il nodo resta peraltro di trovare un giusto equilibrio tra l’efficienza e l’economicità delle gestioni, da un lato, e, dall’altro, l’adeguata tutela dell’utenza e la salvaguardia dei principi di universalità e della coesione sociale e territoriale.
La versione integrale sarà pubblicata sul numero 2/2012