Le famiglie italiane mostrano da sempre un atteggiamento molto cauto, se non addirittura diffidente, verso l’indebitamento. I dati mostrano come gli oneri per il servizio del debito sostenuti dalle famiglie (la spesa per interessi e restituzione del capitale) in rapporto al reddito disponibile lordo si sono attestati, a giugno 2013, al 9.4% (e come l’insieme dei debiti di tipo finanziario contratti dalle famiglie sia pari a circa il 65% del reddito disponibile, a fronte di un valore del 100% dell’area dell’Euro - Banca d’Italia, Bollettino Economico, n.74, ottobre 2013). Questo fenomeno si spiegava con il ritardo nello sviluppo dei mercati del credito al consumo e dei mutui immobiliari ed anche con un maggior supporto nella copertura dei fabbisogni finanziari da parte delle famiglie di appartenenza rispetto ai principali paesi europei. L’Italia, infatti, nel confronto con i principali paesi europei, registra ancor oggi la quota più bassa di famiglie con una qualsiasi forma di debito (il 25% nel 2010, secondo la prima indagine armonizzata sui bilanci delle famiglie nell’area dell’euro, contro una media pari al 44% - Banca Centrale Europea, Eurosystem Household Finance and Consumption Survey, aprile 2013).
Mentre nella prima parte del decennio passato, ossia fino al 2007, si rilevava una decisa accelerazione nel ricorso al credito ed una convergenza verso i modelli tipici dei principali Paesi Europei (ma comunque ben distanti da quelli che caratterizzano il mercato inglese ed ancor di più quello americano) con la crisi assistiamo ad una sorta di “ritorno al passato”: ritorna infatti la tradizionale cautela ad assumere impegni finanziari e ne deriva la netta flessione della domanda di finanziamenti. La contrazione, dal 2008, del reddito disponibile, l’incertezza sulla situazione occupazionale e politica, fanno sì che molte famiglie abbiano rimandato o rinunciato ai consumi, specie quelli a valore più elevato, e all’acquisto della casa; ne consegue il correlato forte calo della domanda di finanziamenti. Questo evidenzia quanto il mercato dei finanziamenti alle famiglie sia fortemente pro-ciclico: più semplicemente (ed intuitivamente) le famiglie ricorrono al credito quando hanno prospettive positive circa la situazione economica personale e generale mentre “tirano i remi in barca” quando le prospettive si fanno incerte
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I dati lo dimostrano: nel 2012 il credito al consumo è tornato a contrarsi sui ritmi evidenziati all’apice della prima fase della crisi (-11.7% rispetto all’anno precedente) (Fonte: Assofin, Osservatorio sul credito al consumo) ed i mutui hanno registrato un’intensità della riduzione mai sperimentata prima (-53.7%), (Fonte: Assofin, Osservatorio sul credito immobiliare alle famiglie consumatrici). Le erogazioni del primo semestre 2013 evidenziano ancora un calo (-6.8% per il credito al consumo, -10.8% per i mutui).
La grande prudenza delle famiglie italiane, e le politiche responsabili adottate dalle banche e dalle finanziarie del nostro Paese, per fortuna ben diverse da quelle di alcuni operatori di matrice anglosassone, fanno sì che da un punto di vista quantitativo il problema del sovraindebitamento sia oggettivamente limitato. Una recente ricerca di Banca d’Italia contiene una stima del numero di famiglie sovraindebitate, quelle che, secondo la definizione adottata dalla recente normativa italiana in materia, mostrano una definitiva incapacità di adempiere le obbligazioni assunte: tale condizione riguarderebbe circa 160 mila famiglie, appena lo 0.6% di quelle totali (Fonte: Banca d’Italia, L’indebitamento delle famiglie italiane dopo la crisi del 2008, S. Magri e R. Pico, settembre 2012).
Nonostante i comportamenti cauti di domanda e offerta, la crisi può, in effetti, compromettere situazioni che all’origine si presentavano equilibrate ma che vengono sconvolte da un incidente, da un licenziamento, dal venir meno di una fonte di reddito. I dati disponibili sui ritardi nei rimborsi rilevano infatti un trend in aggravamento della rischiosità del mercato del credito alle famiglie, che sconta gli effetti della prolungata crisi sulle condizioni di occupazione e sul reddito disponibile delle famiglie.
L’emersione di situazioni di difficoltà è stata attenuata da importanti iniziative istituzionali a sostegno delle famiglie (tra le quali la “moratoria” sui mutui). Inoltre anche gli istituti eroganti hanno operato per trovare, con i clienti in difficoltà nel rispettare il pagamento delle rate dei finanziamenti, soluzioni alternative (rimodulazioni dei piani di ammortamento, sospensioni dei pagamenti etc.).
L’attenzione dell’industria del credito a queste tematiche è provata anche dagli investimenti fatti in educazione finanziaria delle famiglie. Assofin, per esempio, da alcuni anni, ha ideato ed implementato Monitorata® (www.monitorata.it), uno strumento di educazione finanziaria online, gratuito, anonimo, indipendente e svincolato da ogni offerta commerciale, con il quale ciascun cittadino può compiere un’analisi accurata e approfondita della propria condizione finanziaria e giungere ad un’autovalutazione consapevole della propria solvibilità e della propria capacità di ricorrere al credito. Tuttavia in un contesto come quello attuale l’emergere di situazioni di sovraindebitamento, non prevedibili ex ante, non può essere scongiurata e, per quanto esse possano essere numericamente limitate, hanno un effetto drammatico per la persona e la famiglia che ne resti vittima. Per questo è importante dare piena attuazione alla Legge 3 del 27/01/2012 che disciplina la “rimessa in bonis” delle famiglie sovraindebitate attraverso procedure che sono di tipo “concorsuale” e di esdebitazione.
Ricordiamolo: le famiglie italiane (e anche gli intermediari finanziari) sono prudenti, molto prudenti. Può capitare di commettere errori, spesso non per propria colpa, ed allora è bene, giusto e necessario intervenire per trovare il modo di risolvere situazioni opprimenti e drammatiche. Viceversa l’introduzione di misure restrittive che rendessero ancora più rigida l’offerta di credito non solo non aiuterebbe le famiglie ma provocherebbe un ulteriore razionamento e una drammatica contrazione dei consumi, della produzione e del benessere.
Questo quadro, ispirato ad ottimismo e volto ad alimentare ottimismo, legittima, a mio avviso, alcune osservazioni.
Innanzitutto non sembra da sottovalutarsi il dato che una famiglia italiana su quattro sia indebitata, pur trattandosi di un valore inferiore alla media europea.
Le chiavi di lettura possono essere diverse da quella –proposta dagli Autori- della ‘tradizionale cautela’ riscontrabile nel nostro Paese nei confronti dell’indebitamento.
La contrazione del ricorso al credito, riconosciuta dagli Autori stessi e da loro attribuita ai ‘comportamenti cauti di domanda e offerta’, può, in realtà, ben attribuirsi al drastico giro di vite del sistema bancario nella concessione di crediti fondiari; al contempo -se pur in relazione a valori ben diversi- sempre più spregiudicata appare la concessione di crediti al consumo anche a chi ben si guarda dal richiederli.
La scellerata pratica del rilascio delle carte di credito cosiddette ‘revolving’ è ben nota, e chi scrive ha avuto modo di seguire professionalmente penosissimi casi umani dalle caratteristiche identiche a quelle così bene descritte nel bel film del 2011 Tutti i nostri desideri, di Philippe Lioret che meriterebbe una grande diffusione a fini didattici e formativi.
Coloro i quali richiedono un piccolo credito al consumo si vedono recapitare a casa, dopo qualche tempo, una carta di credito della quale sono totalmente ignote le modalità d’uso, l’importo degli interessi praticati, le conseguenze che attendono al varco gli utilizzatori.
L’attivazione della carta ha luogo mediante la chiamata di un numero verde, così stipulando un contratto ‘in bianco’, senza disporre di alcuna informazione.
In altri termini, i nominativi di chi ha richiesto qualche centinaio di euro di finanziamento alimentano una vera e propria 'banca dati del bisogno', utilizzata, in modo a dir poco spregiudicato, per porre nelle mani di costoro una carta di credito che alimenta il sogno di disporre di un credito mensile di 300, 400, 500 euro.
In altri parole, a chi non è in grado di far fronte con i propri redditi neppure a modeste spese extra bilancio, è fornita la corda per strozzarsi da sé, cosa che avviene, di regola, abbastanza rapidamente cumulando voragini non più sostenibili di qualche migliaio di euro.
Solo a quel punto il rubinetto viene chiuso ed iniziano minacciose telefonate, lettere di studi legali e, finanche, l’invio di scritti dalla forma di atti pseudo giudiziari atti a generare il panico negli sprovveduti debitori.
Tutto senza che vi sia stata neppure una preventiva e seria analisi della solvibilità degli stessi.
E’ del tutto inutile, ed appare quasi alla stregua di una mera foglia di fico affermare che con “http://www.monitorata.it” si è posto a disposizione del cittadino “uno strumento di educazione finanziaria online, gratuito, anonimo, indipendente e svincolato da ogni offerta commerciale, con il quale ciascun cittadino può compiere un’analisi accurata e approfondita della propria condizione finanziaria”: innanzitutto, infatti, detto strumento non è reso accessibile nel momento e con le modalità efficaci; in secondo luogo in questo elementare strumento è anche carente l’elenco delle voci di spesa da considerare: mancano, ad esempio, quelle telefoniche, condominiali, sanitarie, dell’istruzione, ecc.
In definitiva, non è enfatizzando la presunta ‘cautela’ del cittadino che può impostarsi un serio discorso sull’indebitamento, del quale è anche opportuno approfondire le componenti emotive: si veda, ad esempio, l’interessante Prospettive di psicologia economica. Le decisioni sul denaro nella vita quotidiana delle famiglie, a cura di: S. Zappalà e G. Sarchielli, Edizioni Guerini e Associati, 2001.
cesare vaccà
professore associato di Istituzioni di diritto privato nell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, avvocato
È purtroppo un difetto comune del nostro Paese quello di alzare la voce, di usare toni enfatici per dissimulare la leggerezza dei propri argomenti; non sembra fare eccezione il commento precedente. Abbondano, infatti, gli aggettivi e le espressioni veementi (“Spregiudicati” “scellerati” “fornire la corda per strozzarsi” “cumulare voragini” – ma le voragini si cumulano? – “panico” etc.) ma mancano le controargomentazioni di sostanza ossia dati, elementi oggettivi, in una parola, i fatti.
A seguire qualche semplice considerazione su alcuni passaggi del commento.
È vero, una famiglia su quattro è indebitata; accade infatti che chi non ha grandi redditi o patrimoni familiari ricorra al credito per acquistare la casa, un’auto, beni di consumo di valore elevato potendo così anticipare la fruizione del bene rispetto all’accumulazione di risparmio. Il ricorso ai finanziamenti riguarda molti di noi (incluso chi scrive) e non si pone solo per coloro i quali, beati loro, abbiano avuto la fortuna di ereditare dai genitori cospicui patrimoni ed in alcuni casi anche remunerative professioni e posizioni.
Segue l’accusa alle banche di aver dato una stretta al credito fondiario ma, nello stesso tempo, di aver ampliato la concessione di crediti al consumo; non ci viene però spiegato perché le banche dovrebbero rinunciare ad un credito più garantito, che assorbe meno capitale e risulta globalmente più remunerativo per fare un credito meno garantito, più rischioso e più oneroso. Ma poi, se ciò fosse vero, il credito al consumo dovrebbe crescere, non diminuire come invece accade.
La successiva ampia arringa in materia di carte di credito appare un po’ tardiva; sulle modalità di vendita richiamate si potrebbe lungamente argomentare, ma quello che qui rileva è che tali modalità sono, comunque, impedite da una normativa in vigore da oltre tre anni ovvero dal D.Lgsl 141/2010.
E veniamo a Monitorata, graziosamente qualificata come una foglia di fico. Innanzitutto si lamenta che non sia facilmente disponibile. Per la verità è su internet all’indirizzo http://www.monitorata.it e risulta quindi accessibile in qualunque momento, da qualunque luogo e a costo zero. Il Prof. Vaccà tuttavia deve avere avuto effettivamente delle difficoltà a visitare il sito: non si spiega altrimenti perché lamenti l’assenza di alcune fondamentali voci di spesa nel conto economico delle famiglie ovvero le spese telefoniche (ma cosa si pensa che comprenda la voce “Comunicazione” prevista da Monitorata?), l’istruzione (ed allora a cosa si riferirebbe la voce “Tempo libero ed istruzione”?) le spese condominiali (che risultano dalla somma di voci che hanno un maggior grado di dettaglio come “riscaldamento”, “manutenzione”) e così via.
Infine una considerazione di stile. Quando ci è stato richiesto dalla Redazione di scrivere un articolo per Consumatoridirittiemercato siamo stati informati che esso sarebbe stato incluso in una sezione che avrebbe compreso saggi sul medesimo tema di Anna Vizzari e di Consumer International. Abbiamo quindi formulato come unica richiesta che i tre pezzi fossero autonomi ovvero che uno non fosse la replica all’altro in quanto, poiché il nostro articolo affrontava il tema da un punto di vista non allineato con quello della Rivista, sarebbe stato fin tropo facile per la Redazione, che ne aveva visibilità preventiva, farlo attaccare dagli altri Autori. Ci sono state fornite ampie assicurazioni ed infatti né Anna Vizzari né Consumer International replicano al nostro pezzo. Lo fa invece Cesare Vaccà, che si firma Professore Associato a Milano Bicocca ma che è anche, casualmente, Condirettore di questa Rivista.
Distinti saluti
Umberto Filotto, Professore Ordinario di Economia delle Aziende di Credito nell’Università di Roma “Tor Vergata”
A nome della redazione di questa rivista preciso che per chiunque è possibile commentare i pezzi pubblicati, perché il nostro obiettivo è proprio favorire il dialogo tra le diverse parti ed aumentare la consapevolezza e la diffusione dei temi che hanno a che vedere con la tutela dei consumatori e dei loro diritti, affinché non restino lettera morta, si chiariscano dubbi interpretativi, si sviluppino sinergie. Non operiamo censure perché vogliamo un confronto e la possibilità di commento include, ovviamente, i componenti dello stesso comitato di redazione.
Negli ultimi anni il panorama delle nostre città è mutato per l’ossessiva presenza dei “compro oro”: si tratta dell’ascesa di un nuovo business che ha suscitato l’interesse non solo di chi osserva i fenomeni di costume, ma anche della Guardia di finanza, che in più di una occasione ha squarciato il velo mostrando –talvolta- inquietanti casi di contiguità con la criminalità organizzata, oltre che di evasione fiscale di amplissima portata.
Non mi sembrano necessari molti giri di parole per affermare che, se si giunge a vendere per cifre generalmente irrisorie ricordi personali e di famiglia è accaduto qualcosa che in precedenza non si manifestava con tanta virulenza.
Il monte di pietà è sempre esistito, ma impegnare i gioielli non rappresentava –fortunatamente- un fenomeno di massa.
Forse non sempre la decisione di privarsi dei preziosi si associa necessariamente all’indebitamento, ma certamente non depone a favore delle condizioni economiche delle famiglie.
Ma vi è di più: un altro tipo di punti di vendita va viepiù diffondendosi in tutto il territorio nazionale, si tratta dei magazzini ove è possibile porre in vendita ogni sorta di bene, ripartendo il ricavato fra i proprietari ed i gestori, che operano quali mandatari dei primi.
Addirittura due reti di franchising sono in continuo sviluppo, a conferma della floridità del settore.
Oggetti di arredamento, capi di abbigliamento, anche pezzi di antiquariato, elettrodomestici, libri, dischi, servizi di porcellana e di cristallo, argenterie, ogni giorno passano di mano a prezzi generalmente molto bassi.
Negli Stati uniti garden sale e garage sale sono sempre stati presenti, ma alla stregua di iniziative individuali, generalmente legate a traslochi o trasferimenti da una città ad un’altra, magari molto distante, sì da rendere non conveniente il trasporto di troppi oggetti.
Da noi è lecito, invece, sospettare che, dato fondo ai preziosi di famiglia, si inizi a cercare in casa ogni cosa, non indispensabile, che consenta di realizzare quanto possa contribuire a tamponare le falle aperte da una crisi ormai gravissima.
Forse, lo ripeto, non vi è una diretta correlazione con l’indebitamento, ma certamente ciò rappresenta un’altra faccia della medesima situazione che vede costantemente degradare il livello della qualità della vita di troppe famiglie.
Maria Martello
Psicologa, Giudice onorario della Corte d’appello di Milano, sez. minori