Ecosostenibilità e risparmio energetico sono due tematiche che, in ambito edilizio, suscitano grande interesse per ragioni di natura ecologica ed economica, legate all’utilizzo razionale delle risorse disponibili. Tuttavia, osservando le condizioni in cui versano i fabbricati esistenti, sembrerebbe che tale attenzione stia trovando non poche difficoltà a concretizzarsi.
In Lombardia gli edifici che possiedono le caratteristiche necessarie per poter essere certificati nelle classi energetiche più ecosostenibili (vale a dire A+, A e B) sono complessivamente soltanto il 5,91%, mentre quelli in classe G (la più energivora ed inquinante) sono, da soli, addirittura il 50,95%. Tali informazioni si riferiscono unicamente ai fabbricati dotati di Certificazione Energetica; quindi è lecito pensare che, estendendo il paragone all’intero patrimonio edilizio, si otterrebbero numeri ancor più negativi, poiché le costruzioni tuttora sprovviste di APE (Attestato di Prestazione Energetica) sono quelle più obsolete.
Secondo i dati forniti da Finlombarda e Rete Irene la situazione è allarmante. Facendo riferimento alla sola regione Lombardia, gli immobili residenziali costruiti più di 30 anni fa sono 3.300.000 (circa il 75% del totale); di queste abitazioni oltre il 47% non ha mai subito interventi di riqualificazione energetica, quindi inquinano molto più di quanto dovrebbero. Tali edifici vennero costruiti quando non ci si preoccupava del risparmio energetico e si otteneva il giusto comfort interno a fronte di ingenti consumi. Queste costruzioni hanno un consumo fino a 3 volte superiore rispetto a quello di un edificio nuovo, poiché sono caratterizzate da impianti di riscaldamento obsoleti, murature scarsamente isolate ed infissi esterni non adeguati.
Tutto ciò fa sì che un appartamento lombardo di 80 mq consumi mediamente 1600 mc di metano all'anno, mentre uno svizzero o austriaco ne utilizza solo 400. Questo significa che il fabbisogno energetico medio di un fabbricato a Milano è fino a 3,5 volte maggiore di quello di altre città europee come Vienna, Berlino o Parigi dove, tra l’altro, le temperature sono più fredde e l’energia è più economica.
Una delle cause di tale situazione va ricercata nell’attuale metodo di incentivazione che non ha risolto in maniera efficace il problema dell’alto inquinamento prodotto da buona parte delle costruzioni italiane.
Per promuovere la riqualificazione energetica degli edifici, lo Stato mette a disposizione diversi incentivi tra cui: la Detrazione IRPEF al 65% delle spese sostenute per lavori di miglioramento dell’efficienza energetica sulle abitazioni esistenti, ed il Conto Termico che prevede un rimborso fino al 40% dei costi derivanti da interventi finalizzati alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili.
Tuttavia questi provvedimenti si configurano come una sorta di “rimborso spese” delle opere già eseguite e pertanto risultano accessibili solo a chi possiede le risorse economiche necessarie a finanziare l’operazione. Di conseguenza, gli sgravi fiscali/contributi non riescono ad arrivare là dove ce ne sarebbe più bisogno: in quegli edifici ormai datati, i cui proprietari non dispongono dei mezzi per intraprendere i lavori di riqualificazione, molto spesso a causa del perseverare della crisi economica.
Inoltre, per poter costituire i necessari fondi incentivanti, lo Stato attinge da tutti, anche dai soggetti economicamente più deboli (utilizzando per esempio l’addizionale sul prezzo del gas), per dare ai pochi che hanno la disponibilità finanziaria per attuare gli interventi. In questo modo viene alimentata la spirale recessiva, sottraendo risorse ai consumi, senza di fatto risolvere la questione del risparmio energetico in edilizia.
Questi limiti possono essere superati prendendo in considerazione due punti fondamentali. Primo: un intervento di riqualificazione ben progettato, sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello economico, si ripaga da solo in pochi anni (in molti casi meno di 3). Secondo: un sistema di incentivazione basato soltanto su sgravi fiscali e rimborsi risulta poco efficace se non è affiancato da altre misure atte a facilitare l’accesso ai finanziamenti necessari.
Pertanto, come sottolineato anche dal vicepresidente di ANTA, Associazione Nazionale Termotecnici ed Aerotecnici, non si richiederebbero più sgravi fiscali, ma un efficiente sistema di erogazione del credito, istituendo un “fondo di rotazione” come garanzia al prestito bancario. La banca fornirebbe al beneficiario i fondi necessari alla completa realizzazione delle opere, da restituire nel tempo di ritorno dell’investimento. Una volta rimborsato il prestito, questo tornerebbe disponibile per finanziare altri interventi. Tale modello offrirebbe molteplici vantaggi: permetterebbe una diffusa riqualificazione energetica del patrimonio edilizio, creerebbe maggior lavoro e reddito per gli attori interessati, consentirebbe a quanti ne usufruissero di ottenere maggiori risparmi ed aumenterebbe il valore economico dell’immobile.
Qualcosa però sta cambiando: le ultime misure adottate dal Governo in favore dell’edilizia e del risparmio energetico mirano a sostenere l’accesso al credito da parte dei soggetti economicamente più deboli (giovani coppie, nuclei familiari con un disabile e famiglie numerose). Il cosiddetto “Plafond Casa”, introdotto dalla Legge IMU (L. 124/2013), offre la possibilità di richiedere mutui sia per l’acquisto di immobili residenziali (con priorità alle prime case in classe energetica A, B o C) sia per interventi di ristrutturazione e miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici esistenti, a tassi di interesse particolarmente vantaggiosi rispetto al mutuo standard della banca erogante.
Quanto fin qui argomentato non pretende di sostenere che Conto Termico e Detrazione 65% siano incentivi inutili, poiché contribuiscono in qualche modo al miglioramento energetico dei fabbricati e producono lavoro; emerge però che l’adozione di misure alternative sia molto più efficace e conveniente tanto per i cittadini quanto per il Paese.
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