Introduzione
Da qualche anno la proprietà immobiliare ha imboccato la strada di un radicale cambiamento: il valore di un immobile sul mercato è divenuto anche funzione della qualità della vita che è in grado di garantire al suo proprietario, il quale, inoltre, al momento dell'acquisto, non mancherà di considerarne i costi di gestione.
Salubrità dell'immobile, isolamento acustico, risparmio energetico sono divenute parole chiave considerate da chi accede al mercato immobiliare almeno quanto lo sono posizione, vicinanza ai servizi di trasporto pubblico, valore estetico.
Questi fattori si combinano con una scelta di politica economica, per cui nel giro di pochi anni, si sono osservate, in nome del risparmio energetico o dello sfruttamento di energia da fonte rinnovabile, agevolazioni fiscali, norme che impongono adeguamenti impiantistici, norme che agiscono sul mercato immobiliare.
Si tratta di una strategia che l'Unione Europea nel suo complesso considera necessaria, in effetti, come vedremo, a ragion veduta.
In Europa, il 40% dei 930 MTEP (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di energia consumata viene utilizzato nel settore residenziale e terziario.
Nel nostro Paese, dei circa 150 MTEP di energia finale che l’Italia consuma annualmente, gli usi civili sono responsabili di oltre il 30%; il 21% dei consumi energetici totali riguarda il solo settore residenziale.
Circa l’80% dei consumi energetici nel settore residenziale è dovuto ad usi termici: il 70% attiene al riscaldamento degli ambienti, mentre il 10% attiene al riscaldamento dell’acqua sanitaria.
D'altra parte, il settore civile è responsabile in Italia di circa il 28% delle corrispondenti emissioni di CO2 (dati Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile).
Quindi, l'impatto del settore residenziale sull'ambiente è effettivamente significativo e molto deve essere fatto per assicurarne la compatibilità ambientale.
L'attenzione delle istituzioni e del pubblico in materia è alta da tempo.
Nel 1987 con il “Rapporto Brundtland”, un documento rilasciato dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED), si inizia a parlare di “sviluppo sostenibile” inteso come “sviluppo che, pur venendo incontro alle esigenze umane attuali, non danneggi il delicato equilibrio degli ecosistemi che rendono possibile la vita sulla terra e non comprometta la possibilità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze”.
Questo concetto trova la sua declinazione anche con riferimento all'edilizia, che, come abbiamo visto, specie a seguito della deindustrializzazione delle nostre città, ha assunto al riguardo un ruolo determinante.
La capacità di instaurare un rapporto corretto tra il costruito e l’ambiente, limitando l’uso delle risorse e l’impatto generato sul territorio (ad esempio in termini di emissioni, rifiuti, rumore), definisce la sostenibilità di un immobile in relazione allo sfruttamento delle risorse ambientali.
Tra i fattori che attengono a questo ambito, troviamo, al primo posto, il risparmio energetico.
Uso razionale dell'energia in ambito edilizio: concetto
In ambito edilizio, quando si parla di risparmio energetico si intende fare riferimento all'”uso razionale” dell'energia.
Un edificio ottimizzato nel profilo energetico avrà costi più bassi per l'approvvigionamento energetico e ne beneficerà anche il comfort abitativo.
L'uso razionale dell'energia può essere definito come quella operazione tecnologica con la quale si intende conseguire l'obiettivo di realizzare gli stessi prodotti o servizi (in quantità e qualità) con un minor consumo di energia primaria ed eventualmente con un maggior impegno di risorse d'altro tipo (capitale, lavoro, materiali, ecc.).
Il punto di partenza di ogni seria operazione di razionalizzazione energetica è una rigorosa contabilità energetica, in sede sia di progettazione degli interventi, che di verifica ad opere realizzate.
Per poter avere edifici costruiti in modo sostenibile è quindi necessario seguire degli standard di qualità.
Da tempo in vari Paesi europei sono operative diverse procedure di certificazione energetica degli edifici, inizialmente su base volontaria. In Italia ha trovato consensi e diffusione dal 2002 lo standard CasaClima dell'Agenzia per l'Energia Alto Adige – CasaClima, ente strumentale della Provincia Autonoma di Bolzano.
Verso nuovi standard qualitativi: le direttive comunitarie ed il loro recepimento
Strumento determinante per le politiche di riduzione dei consumi energetici degli edifici nell'intera Unione Europea, è la Direttiva 2002/91/CE, meglio conosciuta come EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), pubblicata il 04.01.03 che ha introdotto sul territorio comunitario la “certificazione energetica” degli edifici.
Comprende quattro elementi principali:
- L’istituzione di un quadro generale per un metodo comune di calcolo integrato del rendimento energetico degli edifici;
- L’applicazione di norme minime sul rendimento energetico agli edifici di nuova costruzione e agli edifici in ristrutturazione;
- L’introduzione di un sistema di certificazione energetica degli edifici di nuova costruzione ed esistenti in base alle norme di cui sopra;
- L’ispezione e la valutazione specifica dei generatori di calore e degli impianti di riscaldamento e di condizionamento.
Il meccanismo implementato dalla Direttiva sopra citata si basa su due pilastri:
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L'attestato di certificazione energetica, che deve circolare con l'immobile cui si riferisce: gli Stati membri provvedono a che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l'attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi. La validità dell'attestato è di dieci anni al massimo.
In pratica, la certificazione energetica degli edifici è l'espressione in classi della prestazione energetica di un edificio ed ha quindi come finalità quella di informare l'utente sulle caratteristiche della prestazione energetica di un edificio rispetto ad una scala di valori.
- Il calcolo del rendimento energetico di un edificio: si tratta dello strumento operativo per raggiungere il fine di cui sopra. Si intende la definizione della quantità di energia effettivamente consumata o che si prevede possa essere necessaria per soddisfare i vari bisogni connessi ad un uso standard dell'edificio. Si considerano tutti i consumi: riscaldamento/raffrescamento, produzione di acqua calda sanitaria, uso dell'elettricità.
Come tutte le Direttive comunitarie, la Direttiva europea 2002/91/CE non era immediatamente operativa nel territorio degli stati membri, richiedendo il recepimento da parte di ogni Stato membro, Italia, ovviamente, compresa.
In Italia, però, l'articolo 117 della Costituzione delega alle Regioni la facoltà di legiferare in materia di energia, mentre è riservata allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali.
Questa specificità e i tempi lunghi che hanno accompagnato la pubblicazione dei decreti attuativi, sono state le cause principali di una certa confusione in merito alla certificazione energetica degli edifici sul territorio nazionale.
Lo Stato italiano ha, infatti, recepito la Direttiva Europea 2002/91/CE nel 2005, con l'emanazione del D. Lgs. 192/05, ma il quadro normativo è stato completato solo con il DPR 59 del 02.04.09 e con la pubblicazione delle Linee Guida nazionali sulla Certificazione Energetica, avvenuta con il DM 26.06.09.
In attesa dei decreti attuativi, alcune Regioni hanno cominciato a realizzare leggi e regolamenti per conto proprio. Il D. Lgs. 192/2005, del resto, presenta una “clausola di cedevolezza” per cui, considerando che la materia in questione è tra quelle a competenza legislativa concorrente, le norme statali di dettaglio sono sostituite dalle norme regionali, quando adottate (nel rispetto delle Direttive UE). Prima fra tutte a creare una normativa è stata la Lombardia, seguita da Liguria, Emilia Romagna, Piemonte, Valle d'Aosta. Le varie leggi predispongono però obblighi diversi tra loro e differenti anche rispetto alla normativa nazionale.
Attualmente la Direttiva 2010/31/CE detta “EPBD 2” ha abrogato la precedente Direttiva 2002/91/CE ed il Decreto Legge n. 63 del 4 giugno 2013, di recepimento, convertito nella Legge n. 90/2013, ha completamente riscritto gli adempimenti relativi alla documentazione che certifica le prestazioni energetiche degli edifici.
Esistono alcuni problemi applicativi e ad oggi non sono stati ancora pubblicati i previsti decreti che aggiornano il metodo di calcolo del rendimento energetico di cui alle Linee Guida nazionali sulla Certificazione Energetica.
Il complesso rapporto con la normativa regionale
Se la Regione non ha emanato una propria legge, continua ad applicarsi la normativa nazionale: fino all'emanazione dei nuovi decreti attuativi del DL 63/13, si redigerà l'attestato seguendo la normativa nazionale esistente (D. Lgs. 192/2005 DPR 59/2009 e DM 26.06.09) e le specifiche norme tecniche (UNI e CTI): il documento rilasciato si chiamerà Attestato di Prestazione Energetica (APE).
Quanto sopra fatto salvo nelle Regioni che hanno provveduto ad emanare proprie disposizioni normative in attuazione della direttiva 2002/91/CE in cui, nelle more dell’emanazione dei decreti suddetti o dell’emanazione di norme regionali volte al recepimento della più recente direttiva 2010/31/CE, si seguirà ad applicare la normativa regionale in materia (nota del MISE del 07.08.13).
Conclusioni
Malgrado la complessa vicenda dell'applicazione nel nostro Paese delle direttive comunitarie che riguardano questa materia, i dati dell’ultima indagine congiunturale svolta presso le imprese associate ad ANCE (aprile 2011), mostrano che il 56,6% degli immobili realizzati o ultimati nel 2010 dalle imprese del campione sono ad alto rendimento energetico: la certificazione energetica si è quindi obiettivamente dimostrata essere uno strumento efficace nel generare un mercato che riflette una maggiore consapevolezza degli utenti finali sulla qualità degli edifici.
Ad integrazione dell'interessate articolo, desidero segnalare che dal mese di gennaio 2015 esiste in italia la prassi di riferimento UNI/PdR 13 sugli strumenti operativi per la valutazione della sostenibilità ambientale nelle costruzioni, con particolare riferimento agli edifici residenziali.
Per maggioni informazioni:
http://www.uni.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3470:pubblicazione-uni-pdr-13-2015-sulla-sostenibilita-ambientale-nelle-costruzioni&catid=171:istituzionale&Itemid=2612